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Diritto del lavoro

Super green pass: un decreto scritto male

Quello sul (super) green pass nei luoghi di lavoro, diciamolo chiaramente, è un decreto scritto male.

Ma procediamo con ordine.

L’art.3, comma 6, dice che i lavoratori “privi della predetta certificazione [verde] al momento dell’accesso al luogo di lavoro […] sono considerati assenti ingiustificati fino alla presentazione della predetta  certificazione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021”.

Ora, chiunque mastichi di diritto del lavoro sa benissimo che la protratta assenza ingiustificata dal lavoro può legittimare il licenziamento per giusta causa (il numero di giornate dipende dal contratto collettivo applicato).

Ma qui viene il bello, perché lo stesso comma chiarisce espressamente che l’ assenza ingiustificata non comporta  “conseguenze  disciplinari”.

Anche se “Per i  giorni  di assenza ingiustificata non sono  dovuti  la  retribuzione  ne’  altro compenso o emolumento, comunque denominato”.

Orbene, chiunque abbia letto le bozze del decreto che giravano su whatsapp, nota chiaramente cosa è cambiato: nelle prime versioni il lavoratore senza green pass “è considerato assente ingiustificato e, a decorrere dal quinto giorno di assenza, il rapporto di lavoro è sospeso”.

Ma perché è venuta meno l’espressione “sospeso” e si è preferito mantenere “assente ingiustificato”?

Potrebbe ragionevolmente dire un addetto ai lavori che quel riferimento sia scomparso per evitare le distorsioni del Tribunale di Milano, che ha dichiarato illegittima la sospensione senza retribuzione del personale sanitario per mancato repêchage.

Se non fosse che quella pronuncia avrebbe avuto pochi effetti dopo l’entrata in vigore del d.l. 21 settembre 2021, n. 127, dato che dal 15 ottobre, “a  chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, ai fini dell’accesso ai  luoghi  in  cui  la  predetta  attività è svolta, di possedere e di esibire, su  richiesta, la  certificazione verde COVID-19”. Quand’anche fosse rimasto il termine “sospeso”, la sospensione sarebbe stata dichiarata illegittima soltanto se il lavoratore avrebbe potuto svolgere le medesime mansioni in modalità agile.

Chi scrive ritiene invece che il termine “sospensione” sia stato eliminato semplicemente per evitare di alimentare ulteriore disinformazione.

Perché è difficile far comprendere ai non addetti ai lavori che la sospensione senza retribuzione dal lavoro non abbia natura disciplinare.

Al pari di quello che succede per il tesserino aeroportuale di coloro che lavorano negli aeroporti, sarebbe bastato infatti chiarire che “L’Accesso e la circolazione di persone all’interno delle aree lavorative viene disciplinato mediante il rilascio di certificazione verde”.

Perché in questi casi, secondo la Cass. n. 16388/2017,  “in relazione alla mancata corresponsione delle retribuzioni nel periodo di sospensione, occorre ricordare che questa Corte (Cass. n. 17353 del 2012) ha affermato che nel contratto di lavoro – ove le prestazioni sono corrispettive, in quanto all’obbligo di lavorare dell’una corrisponde l’obbligo di remunerazione dell’altra – ciascuna parte può valersi dell’eccezione di inadempimento prevista dall’art 1460 cod. civ., dovendosi escludere che alla inadempienza del lavoratore il datore di lavoro possa reagire solo con sanzioni disciplinari o, al limite, con il licenziamento, oppure col rifiuto di ricevere la prestazione parziale a norma dell’art 1181 cod. civ. e con la richiesta di risarcimento. Ne consegue che, nel caso di inadempimento della prestazione lavorativa il datore di lavoro non è tenuto al pagamento delle retribuzioni ove ricorrano le condizioni dell’art. 1460 cod. civ.”.

Ma non sarebbe più semplice estendere l’obbligo di vaccinazione, piuttosto che scrivere male per chi legge male?

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