Categorie
Diritto del lavoro

Smart working nella PA al 50%: la norma che incentiva al contenzioso

Con lo smart working nella PA al 50%, c’è il rischio che almeno il 50% dei dipendenti pubblici facciano ricorso.

Ce ne sarebbero di cose da dire (in generale) sullo smart working e ce ne sarebbero ancora di più in merito al rapporto con la pubblica amministrazione, ma poiché di queste cose ho già parlato nell’ebook “Il diritto del lavoro dell’emergenza epidemiologica”, quest’oggi mi trovo quasi costretto a parlare di qualcosa di nuovo.

Proprio il nuovo art. 263, comma 1, d.l. 19 maggio 2020, n. 34, così come modificato in sede di conversione dalla Legge n. 77/2020 prevede infatti che:
«Al fine di assicurare la continuità dell’azione amministrativa e la celere conclusione dei procedimenti, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, adeguano l’operatività di tutti gli uffici pubblici alle esigenze dei cittadini e delle imprese connesse al graduale riavvio delle attività produttive e commerciali. A tal fine, fino al 31 dicembre 2020, in deroga alle misure di cui all’articolo 87, comma 1, lettera a), e comma 3, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, organizzano il lavoro dei propri dipendenti e l’erogazione dei servizi attraverso la flessibilità dell’orario di lavoro, rivedendone l’articolazione giornaliera e settimanale, introducendo modalità di interlocuzione programmata, anche attraverso soluzioni digitali e non in presenza con l’utenza, applicando il lavoro agile, con le misure semplificate di cui al comma 1, lettera b), del medesimo articolo 87, al 50 per cento del personale impiegato nelle attività che possono essere svolte in tale modalità. In considerazione dell’evolversi della situazione epidemiologica, con uno o più decreti del Ministro per la pubblica amministrazione possono essere stabilite modalità organizzative e fissati criteri e princìpi in materia di flessibilità del lavoro pubblico e di lavoro agile, anche prevedendo il conseguimento di precisi obiettivi quantitativi e qualitativi. Alla data del 15 settembre 2020, l’articolo 87, comma 1, lettera a), del citato decreto-legge n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020 cessa di avere effetto»

Detta disposizione deroga dunque al precedente art. 87 del Decreto Cura Italia che elevava il lavoro agile a modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nel pubblico impiego: dal 15 settembre 2020 (e fino 31 dicembre 2020) continuerà invece a lavorare in smart working solo il 50% dei dipendenti pubblici.

Posto che la norma non dice nulla in merito alle conseguenze sanzionatorie degli uffici pubblici che non adibiranno il 50% dei propri dipendenti e non specifica nemmeno se (ma non penso ci siano problemi al riguardo) possa essere adibito allo smart working anche un numero maggiore di personale, ciò che mi preoccupa davvero sarà il 50% dei dipendenti pubblici che torneranno sul luogo di lavoro.

Essendo infatti presenti nel nostro ordinamento solo due fattispecie tipizzate di diritto soggettivo allo smart working – art. 90 del D.L. n. 34/202, Decreto Rilancio e art. 39 D.L. n. 18/2020, Decreto Cura Italia (sempre che venga prorogato lo stato di emergenza) – sarà divertente vedere quale sarà il criterio discretivo con cui i dirigenti pubblici andranno ad individuare i lavoratori agili.

Il criterio primario ovviamente sarà la “compatibilità” della prestazione con la modalità agile, dato che adesso – a differenza invece del precedente art. 87 d.l. n. 18/2020, che non operava alcun tipo di distinzione – è richiesta una valutazione in capo alle amministrazioni.

Il criterio secondario sarà invece l’individuazione dei soggetti rientranti nelle ipotesi di cui agli artt. 90 del D.L. n. 34/202 e 39 D.L. n. 18/2020.

Se però poi l’amministrazione non raggiunge il 50%, come verranno decisi gli altri dipendenti pubblici da collocare in smart working? Verranno accordate tutte le richieste? Anche qualora dovessero superare il 50%?

Ne dubito.

Insomma, una bella patata bollente per chi dovrà decidere, anche perché dopo ci sarà il classico: «E perché quello si in smart working ed io no».

Così facendo si rischia seriamente che la norma incentivi al contenzioso.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *