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Diritto del lavoro

CIG a costo zero, come le idee della nuova Legge di Bilancio

Sta circolando in queste ore sui cellulari di ciascuno di noi la bozza della nuova Legge di Bilancio.

La Legge di Bilancio è lo strumento attraverso il quale l’Italia definisce gli obiettivi in termini di spese pubbliche e di entrate previste per l’anno successivo, ma questa bozza sembrerebbe essere un’ ennesima manovra assistenziale (con zero idee per il futuro).

L’unica certezza è il collegamento tra divieto di licenziamenti e CIG.

L’art. 54 proroga infatti il blocco dei licenziamenti fino al 31 marzo 2021 (praticamente un anno intero se si pensa che il primo divieto era del Cura Italia) e contestualmente destina più di 5 miliardi di euro per il rinnovo della Cassa Integrazione a costo zero.

Però poi all’art. 57 vengono destinati “solo” 500 milioni per le politiche sociali senza distinguere nettamente la ripartizione dei fondi tra attive e passive, essendo i fondi destinati sia a “favorire la transizione occupazionale mediante il potenziamento delle politiche attive del lavoro” sia a “sostenere il percorso di riforma degli ammortizzatori sociali”.
Il Governo ritiene tuttavia da tempo che sia necessaria una riforma degli ammortizzatori sociali e dunque molto probabilmente i fondi menzionati saranno destinati per la maggior parte alle politiche sociali passive.
Senza contare poi che la Cassa Integrazione sarà determinante anche e sopratutto proprio quando verrà meno il blocco dei licenziamenti.
Quanto rimarrà allora per le politiche sociali attive del nostro Paese?

Se però poi si considera che l’ultima misura di politica attiva è stata il reddito di cittadinanza, è allora forse meglio che non venga toccato proprio nulla.
Quantomeno per evitare di perseverare.

Invece no.

Sebbene la Ministra Catalfo avesse espressamente annunciato prima della bozza che “non assumeremo navigator, ma personale qualificato” per tamponare il problema occupazionale, l’art. 67 ad abundantiam aumentata i fondi del reddito di cittadinanza per un totale di 4 miliardi in 9 anni (+ 196,3 milioni di euro per l’anno 2021, +473,7 milioni di euro per l’anno 2022, +474,1 milioni di euro per l’anno 2023, +474,6 milioni di euro per l’anno 2024, +475,5 milioni di euro per l’anno 2025, +476,2 milioni di euro per l’anno 2026, +476,7 milioni di euro per l’anno 2027, +477,5 milioni di euro per l’anno 2028 e +477,3 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2029).

Tutto molto strano.

Nella Legge di Bilancio il Governo ammette allora implicitamente di avere zero idee riguardo le politiche sociali attive, ma nel dubbio elargisce una mancia elettorale nei confronti di chi, caduto il blocco dei licenziamenti, perderà il posto di lavoro.
Ed a giudicare poi dalla ripartizione dei fondi sembrerebbe proprio che la gente rimarrà senza lavoro per molto tempo.

L’unica speranza è nell’articolo in apertura.
L’art. 2 prevede infatti lo stanziamento di 2,5 miliardi nel 2022 e di 1,5 nel 2023 per una “riforma del sistema fiscale“.
Anche in questo caso non viene però spiegato in cosa consisterà l’intervento.

Che sia finalmente arrivato il tempo di una riforma del cuneo fiscale?

Ma anche qui, se nel 2023 ci saranno di nuovo le politiche, che ne sarà della riforma?

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